I BIOCOMBUSTIBILI

A cura di: Giulia Galeno

L’Italia, come gli altri paesi dell’Unione Europea si è impegnata a ridurre le emissioni di CO2, questo obiettivo può essere raggiunto anche attraverso la diffusione nel campo dei trasporti di biocombustibili, cercando magari di fare in modo che un giorno tutti i veicoli vengano alimentati da alcool e olio di girasole, sbarazzandosi così del petrolio. La Svezia è il paese europeo che più si sta impegnando su questo fronte, ad esempio attraverso agevolazioni fiscali in favore dell’uso di biocombustibili, mentre a livello mondiale il primato nell’utilizzo di combustibili rinnovabili, come l’etanolo, lo detiene il Brasile.
Purtroppo non è così semplice, anche se i vantaggi ambientali ed economici sembrerebbero evidenti. I biocombustibili, infatti, da una parte sembrano essere più vantaggiosi perché sempre disponibili e potrebbero per questo soppiantare il petrolio; dall’altra richiedono costi, dovuti alla lunghezza della filiera (coltivazione, raccolta, trasformazione), ancora alti e poco competitivi.
I biocombustibili derivano da biomasse, cioè dai prodotti agricoli molto comuni, quali i cereali, la canna da zucchero, i semi di girasole e per questo sono sempre disponibili e rinnovabili. I più utilizzati e famosi sono il bioetanolo e il biodiesel. Il primo è un alcool che si ottiene dalla fermentazione dei cereali, della canna da zucchero, della barbabietola, della frutta, delle patate, insomma di tutti i prodotti ricchi di zuccheri e amidi e può sostituire completamente la benzina oppure essere miscelato con questa. La produzione del bioetanolo prevede anche una fase di distillazione, la quale richiede significativi quantitativi di energia termica, che per questo potrebbero rendere meno sostenibile l’utilizzo di questo biocombustibile.
Il biodiesel si ottiene, invece, dalla spremitura dei semi di colza, di girasole e di soia e da successiva raffinazione; i vantaggi che derivano dal suo utilizzo sono innanzitutto ambientali: le emissioni di polveri sottili diminuiscono fino al 65%; la riduzione di anidride carbonica arriva all’80%, inoltre il biodiesel è biodegradabile per il 98%.
L’Italia ha già cominciato a diffondere l’uso di questi biocombustibili, miscelandoli con quelli tradizionali; la possibilità di poter soddisfare un giorno il fabbisogno di tutti i veicoli è però lontana, a causa della resa delle coltivazioni. Un esempio: da un ettaro di coltura si ricava circa una tonnellata di biodiesel; una sostituzione del 15% del consumo di gasolio richiederebbe una superficie per la coltivazione troppo estesa. Il processo di produzione di biocombustibili, non è dunque abbastanza competitivo rispetto a quello dei combustibili minerali. L’importanza, soprattutto dal punto di vista ambientale, dell’uso di questi combustibili alternativi rimane comunque evidente e per questo la ricerca è orientata verso nuove soluzioni, verso i cosiddetti biocombustibili di seconda generazione, ricavati da prodotti vegetali che non siano di uso alimentare (come quelli che contengono cellulosa) o da prodotti come le alghe, (per la produzione di olio), la cui coltivazione richiede poca energia e fornisce rese molto alte.

www.biocombustibili.com

I BIOCOMBUSTIBILI
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