A cura di: Matteo Berardini
“Mi sveglierò una mattina e scoprirò che le debuttanti mi hanno reso famoso in una notte. Credo che nessun altro avrebbe potuto scrivere in modo così penetrante la storia dei giovani della nostra generazione.”
A partire dagli anni 10 del ‘900, ma soprattutto dopo la Prima Guerra Mondiale, molti scrittori americani decisero di abbandonare gli Stati Uniti per andare a vivere e lavorare in Europa, in particolare a Parigi, in particolare a Montparnasse, crogiolo di creatività artistica. Ci riferiamo a loro come alla “Generazione perduta”, alla “Generation perdue”, un termine, ci racconta Hemingway, coniato dal proprietario del garage parigino in cui Gertrude Stein custodiva la sua Ford T. Tra questi scrittori esuli, che tentarono di fuggire da una vita di esaltazione, da una realtà superficiale, da se stessi e dai loro fantasmi, troviamo Francis Scott Fitzgerald, colui che diverrà il cantore per eccellenza di quegli anni e di quell’aria, dei Rombanti anni del Jazz, impersonandoli fino all’inevitabile dissoluzione.
Fitzgerald nasce nel 1896 nel cuore del Middle West, in Minnesota; il padre era un grossista di alimentari senza troppo successo mentre la madre, immigrata irlandese, apparteneva ad una famiglia che si era arricchita notevolmente grazie alle varie attività commerciali. Questi due genitori rappresenteranno per il futuro scrittore due poli di attrazione contraddittori; da una parte il padre, i cui insegnamenti sull’onore, l’onestà e l’integrità, tipici delle sue origini sudiste, erano minati dai suoi continui fallimenti economici, e dall’altra la madre, la cui famiglia era il simbolo di quella nuova borghesia americana che si era conquistata la stima della società tramite il denaro e il successo. Fitzgerald era già abbastanza intelligente per cogliere l’ipocrisia di quel modello, che nonostante ciò gli si insinuò dentro in un misto di invidia e rispetto. Dalla totalità di questo ambiente nasce la sua lotta interna tra l´idealismo romantico ed il moralismo scettico che determinerà il suo atteggiamento verso la vita delle classi agiate, e costituirà il tema principale delle sue opere.
Nel ’13 i genitori lo iscrivono nella celebre Università di Princeton nel New Jersey, dove Fitzgerald, nonostante i frustanti fallimenti accademici, non era un grande studioso, trascorrerà anni molto importanti per il suo sviluppo artistico. Infatti in questo periodo amplia la propria formazione grazie a numerose letture e stringe amicizia con John Bishop ed Edmund Wilson, redattori di una nota rivista letteraria con la quale collabora attivamente con i suoi primi racconti maturi, e sotto i loro consigli riesce a consolidare i suoi interessi letterari. Queste attività sono accompagnate dalle feste spensierate e dagli incontri con quel mondo eccessivo e scatenato che deciderà di incarnare e narrare.
Questo periodo termina con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, per la quale Fitzgerald si arruola nell’esercito, ma non riuscirà ad arrivare al fronte prima della fine del conflitto. I lunghi giorni trascorsi al campo d’addestramento non sono però inutili, infatti ne approfitta per scrivere la prima stesura del romanzo “Di qua dal paradiso”, e incontra ad una festa da ballo Zelda, una bionda diciottenne di cui si innamorò subito. Al termine dell’addestramento si trasferisce nell’agognata New York e nel ’20, un anno d’oro per lui, riesce a pubblicare in una nuova versione il suo romanzo e a sposare l’amata Zelda. Con questo matrimonio nasce “la grande leggenda della bellissima coppia, eroina, simbolo e interprete di tutte le prodezze sofisticate dell´età del jazz”; le maggiori riviste iniziano a contendersi i suoi racconti, facendo di lui lo scrittore meglio pagato d’America, mentre migliaia di giovani si riconoscono nella avventure per buona parte autobiografiche narrate nel romanzo, rendendolo un best-seller.