A cura di: Silvia Lauretti
“L’unico modo di scoprire i limiti del possibile è avventurarsi un poco oltre, nell’impossibile” (Arthur C. Clarke).
Letteratura e cinema, pur trattandosi di due arti distinte, hanno sempre avuto un rapporto stretto, di compenetrazione e a volte di contrapposizione. Un legame riscontrabile in particolar modo nel filone fantascientifico, dove l’immaginario narrativo, col suo seguito di alieni, robot, cyborg e mutanti, ha spesso offerto al cinema personaggi e trame interessanti. Basti pensare a due dei più celebri film di fantascienza, Jurassik Park e Blade Runner, entrambi ispirati a dei romanzi, il primo a Un mondo perduto di Sir Arthur Conan Doyle (creatore di Sherlock Holmes), il secondo a Il cacciatore di androidi di Philip Kindred Dick.
Del resto la fantascienza nasce innanzitutto come genere letterario, affondando le sue radici nel romanzo scientifico ottocentesco, di cui fu esponente di spicco lo scrittore francese Jules Verne. Quest’ultimo, considerato appunto uno dei padri della moderna fantascienza, utilizzava le idee scientifiche come espediente per l’immaginazione e come punto di partenza per compiere i suoi spettacolari viaggi intorno alla luna (Autour de la lune), “ventimila leghe” sotto i mari (Vingt mille lieues sous le mers) e al centro della terra (Voyaje au centre de la Terre).
Dalla letteratura la fantascienza si è poi estesa agli altri mass media, il cinema anzitutto, che, attingendo spesso dalla narrativa ma attraverso il proprio linguaggio, ne ha affrontato le tematiche fondamentali, tra cui l’impatto che una scienza o tecnologia, attuale o immaginaria, può avere sulla società o sull’individuo.
In diversi casi è stato poi possibile assistere non solo al passaggio della fantascienza dalla letteratura al cinema, ma anche dalla pura finzione alla realtà.
A ciò porta la natura stessa di un’opera propriamente di fantascienza, che dovrebbe avere come requisito fondamentale un certo grado di plausibilità scientifica, anche se il termine italiano, non traducendo in modo adeguato il nome originario anglosassone “Science Fiction” (che non significa infatti “scienza fantastica” e neppure “fantasia scientifica”, ma bensì “finzione scientifica” o addirittura “narrazione scientifica”), viene spesso usato, in senso più generale, in riferimento a qualsiasi tipo di letteratura di fantasia che includa un fattore scientifico.
Naturalmente un’opera di fantascienza non può avere la pretesa di avere validità scientifica ma può comunque, pur basandosi su presupposti di tipo liberamente fantastico, svilupparsi e articolarsi secondo schemi logici di tipo razionale.
Così a volte è accaduto che un presupposto fantastico sia divenuto realtà grazie ai progressi della scienza e che opere di fantascienza abbiano affrontato questioni in seguito rivelatesi sempre più attuali e diffuso idee che sembravano al momento assurde ma che poi nel tempo sono state realizzate.
Nel 1817, ad esempio, l’inglese Mary Shelley scrive Frankenstein, da cui alcuni anni fa è stato tratto un film dal regista Kenneth Branagh, una storia in cui viene posta con lucidità e consapevolezza una domanda a cui ancora oggi non si è riusciti a dare risposta: se vi debbano essere, e quali siano, i limiti della scienza e della conoscenza.
Ancora nell’Ottocento Louis Stevenson scrive Lo strano caso del Dott. Jeckill e di Mr. Hyde, una delle prime narrazioni ad aver avuto come tema lo sdoppiamento della personalità e Sir Arthur Conan Doyle, come già detto, scrive il romanzo Un mondo perduto, da cui il regista Steven Spielberg ha tratto l’ambientazione e l’argomento del film Jurassik Park.
Un discorso, quello sulla clonazione genetica, che si è sempre più avvicinato alla realtà, a cominciare dalla pecora Dolly, anche se sembra ormai scientificamente accertata l’impossìbilità di ved