DONNE E TUMORI: PROTEGGERE LA FERTILITÀ FEMMINILE

Per le donne malate di tumore che devono essere sottoposte a chemioterapia e che non vogliono rinunciare alla maternità, si apre una nuova speranza: l’équipe della Dott.ssa Gonfloni e del Dottor Cesareni, ha studiato sulle cavie da laboratorio una modalità di intervento per proteggere gli ovociti, le cellule “uovo”, che vengono compromesse irreperabilmente dalla cure chemioterapiche.
Il numero degli ovociti della riserva follicolare è fissato alla nascita, e tende a decrescente nel corso della vita fertile della donna, quindi il danno delle cure chemioterapiche agli ovociti è permanente. Nonostante il rischio di amenorrea in seguito alle cure antitumorali, dipenda dall’età delle pazienti, dagli agenti chemioterapici utilizzati nel trattamento e dalle dosi con cui vengono somministrati, è difficile calcolare esattamente il tasso di compromissione della fertilità, ma si presume ce l’avanzare dell’età renda più esposte alll’insufficienza ovarica.
Attualmente, per proteggere la propria fertilità dagli effetti dannosi delle radiazioni dellachemioterapia, le giovani donne che possono ritardare l’inizio del trattamento anti-cancro, possono scegliere la stimolazione ormonale seguita da prelievo e congelamento degli ovociti o di embrioni, oppure, nel caso non fosse possibile ritardare l’inizio della terapia, si può scegliere di rimuovere una gonade (ovaia) e congelarla per un suo utilizzo successivo.
Ma grazie allavoro dei ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Tor Vergata che hanno tracciato una possibile strada alternativa a queste pratice, studiando come proteggere gli ovociti dagli effetti collaterali delle cure chemioterapiche. Lo studio, è nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Biologia, e i Dipartimenti di Sanità Pubblica e Biologia cellulare (Ref. Prof. Massimo De Felici) e di Medicina Sperimentale (Ref. Prof. Gerry Melino), dell’Ateno di Tor Vergata di Roma, coordinato dalla Dott.ssa Stefania Gonfloni e dal Prof. Gianni Cesareni.
La ricerca si è svolta sull’enzima c-Abl, coinvolto nel meccanismo di distruzione degli ovociti, operata da un agente chemioterapico, il cisplatino. Nel corso della sperimentazione è stato dimostrato che l’enzima c-Abl, responsabile di causare la leucemia in seguito ad una mutazione, se bloccato farmacologicamente con l’Imatinib, un inibitore specifico, comporta la degenerazione di un numero minore di ovociti. L’effetto sulla fertilità dell’Imatinib, secondo i ricercatori, è a lungo termine. L’applicazione di queste analisi sui pazienti e la progettazione di studi clinici, affermano i ricercatori, richiederà probabilmente uno sviluppo di strategie di somministrazione mirata (locale e diretta solo alle gonadi) del farmaco Imatinib, al fine di evitare qualsiasi interferenza potenziale con la terapia sistemica anti cancro.
Per maggiori informazioni visita il sito dell’Equipe di ricerca dal link in fondo alla pagina.
Guarda l’intervista video alla Dott.ssa Gonfloni e al Dott. Cesareni, coordinatori della ricerca cliccando qui.

Sito dell’Equipe di Ricerca

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